ADATTAMENTO E CORONAVIRUS

I virus esercitano alcune delle più forti pressioni selettive sugli esseri umani e presumibilmente i coronavirus esistono da molto tempo prima che esistessero gli esseri umani. Quindi, non è inatteso che i coronavirus abbiano guidato l’adattamento darwiniano di popolazioni umane.
Abbiamo infatti almeno uno studio che rappresenta un’affascinante conferma ed un dettagliato resoconto di come e quando la cosa sia effettivamente avvenuta.
In questo studio, pubblicato sulla rivista Current Biology si è analizzato il DNA di migliaia di persone appartenenti a 26 popolazioni da tutto il mondo.
In particolare, ci si è concentrati nello studio di 420 geni umani, dei quali si sapeva che interagiscono con il virus durante il processo di infezione. In cinque gruppi di individui, 42 di quei geni avevano abbastanza mutazioni rispetto a tutti gli altri gruppi esaminati. Questi 42 geni sono particolarmente implicati nella risposta contro SARS-CoV-2, come evidenziato da uno studio genetico diverso fatto su pazienti britannici: essi possono sia modulare la risposta immunitaria contro il virus, sia la sua capacità di invadere le nostre cellule. Inoltre, le popolazioni a cui appartenevano gli individui che presentavano le varianti di questi 42 geni selezionate dall’evoluzione vivono in Cina, Giappone e Vietnam, ovvero areali che corrispondono a quelli con la maggiore varietà odierna di coronavirus in animali selvatici, fra cui soprattutto i pipistrelli. Questi fatti hanno portato a concludere che probabilmente la selezione delle varianti osservate per quei 42 geni sia avvenuta a causa di un’epidemia di coronavirus.
Per determinare quando sia avvenuta questa selezione, i ricercatori, conoscendo la velocità a cui insorgono le mutazioni nel DNA umano corrispondente a quei 42 geni, hanno potuto stimare che le varianti osservate siano diventate comuni tra 20.000 e 25.000 anni fa, propagandosi poi per circa 900 generazioni. Inoltre, tutti i 42 geni tendevano ad avere lo stesso numero di mutazioni casuali di differenza rispetto alle varianti diffuse nel resto del mondo, probabilmente perché hanno avuto origine da un evento che ha agito in un dato momento storico contemporaneamente su tutti e 42 geni originali, a causa di una pressione selettiva unica in occasione dell’antica epidemia.
L’insieme di questi dati indica che le popolazioni in cui si osservano queste particolari varianti genetiche abbiano affrontato uno o più coronavirus per circa 20.000 anni, in un’epidemia che si è conclusa 5.000 anni fa, portando all’emersione di varianti adattative su 42 geni implicati nella risposta all’infezione.
Ora, ragioniamo insieme sul termine adattamento: in questo contesto, esso indica la selezione dei più adatti (gli individui con il DNA giusto), e la fine della discendenza degli altri, per morte diretta o comunque per svantaggio riproduttivo dovuto alla malattia.
L’adattamento non è una benevola convivenza fra due specie, il parassita e il suo ospite, ma un processo di selezione dei più adatti a lasciare discendenti, che per i meno adatti ha un esito nefasto, siano essi umani o virus; e la forza della selezione è stata tale, da lasciare tracce delle stragi e dei danni causati dal virus in antiche popolazioni umane, su un arco di tempo esteso per millenni.
Del resto, all’epoca le persone non avevano che i loro geni e i loro comportamenti per proteggersi.
I moderni interventi medici, come i vaccini, possono invece impedire che l’attuale pandemia di coronavirus lasci un segno duraturo sul genoma umano, a testimonianza dei lutti che potrebbe indurre se gli fosse lasciato tempo di agire a sufficienza. [*]
I virus pandemici non spariscono da soli ed in tempi brevi, se non in casi fortuiti e per circostanze speciali; come dimostra il lavoro in questione, i coronavirus possono persistere e fare danni molto a lungo, recuperando virulenza per poi passare attraverso fasi di minore pericolosità, in un processo dettato dalle leggi del caso e della selezione darwiniana.
[*]PS: Ecco perché l’iniquo accesso a questi mezzi è la principale ingiustizia che la corrente pandemia sta esaltando, come dimostrato dalla malattia e morte sproporzionata dei più poveri e di coloro che non abitino nel primo mondo.