Cosa succede negli ospedali

Cosa succede negli ospedali

Va di moda sostenere in questi giorni che la malattia COVID-19 stia cambiando, con taluni che si spingono fino ad affermare che il virus sia mutato in una forma più benigna.
La base per sostenere questa teoria consiste nel cambiamento della popolazione osservata negli ospedali: non solo l’ovvia diminuzione del numero totale di ricoverati, gravi e morti, ma soprattutto la presenza proporzionale sempre più elevata di forme lievi.

Questo cambio della popolazione clinica non deve però trarre in inganno. Sebbene ogni possibilità sia realizzabile, dobbiamo esaminare le prove disponibili e tentare di spiegare ciò che osserviamo negli ospedali sulla base di ciò che effettivamente sappiamo.

Cominciamo dall’esaminare l’ipotesi di una malattia più benigna, causata da un virus mutato verso una forma che induca sintomi meno gravi.

Quali sono le prove necessarie per fare una simile affermazione? Abbiamo bisogno di isolare nei pazienti attuali il virus, effettuarne il sequenziamento, quindi confrontare le sequenze attuali con quelle delle forma più gravi di qualche tempo fa e scoprire una qualche differenza conservata nelle sequenze.

I virus che portano questa differenza devono quindi essere testati su cellule polmonari umane (in vitro), o su animale, o anche devono essere ricercati in un campione ampio di popolazione, in modo che si possa dimostrare un’associazione diretta tra la mutazione eventualmente riscontrata e lo stato di patologia indotta.

Disponiamo di queste prove?

Al momento, non solo non ne disponiamo, ma addirittura abbiamo indicazioni che vanno nella direzione opposta: esistono molti “strain virali”, ma nessuno con differenze tali da potersi aspettare una qualche differenza nella patogenicità, nè così diffuso da poter ipotizzare un cambio della malattia ad esso dovuto, come ben spiegato in questo recente articolo.

Per questo, la comunità scientifica nazionale si è espressa largamente in senso negativo contro l’ipotesi che si sia già verificata una transizione verso un “virus buono”.

Qui il prof. Galli (Sacco, Milano):

https://www.askanews.it/cronaca/2020/05/08/covid-indebolito-posizione-diverse-galli-nessun-cambiamento-pn_20200508_00274/
Qui il prof. Palù (Padova, consigliere di Zaia, originale sul Messaggero):

https://www.oggiscuola.com/web/2020/05/08/il-virologo-palu-il-covid-19-non-si-e-indebolito-e-potrebbe-tornare-con-forza-maggiore/

Qui il dott. Di Caro (Spallanzani), sul Corriere e sul Giornale:
https://www.corriere.it/cronache/20_maggio_09/virus-meno-aggressivo-studiamo-ogni-variantema-ora-non-c-prova-3132de04-9227-11ea-9f60-1b8d14bed082.shtml

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-sta-diventando-meno-aggressivo-non-c-prova-1861751.html

Qui il dott. Grossi (primario di infettivologia a Varese):

Qui il prof. Ciccozzi (Campus biomedico, Roma):

Qui il prof. Mantovani (Humanitas, puntata del 13 maggio di 8 e mezzo, dal minuto 44:00):

https://www.la7.it/otto-e-mezzo/rivedila7/55-miliardi-litalia-si-salvera-otto-e-mezzo-puntata-del-13052020-13-05-2020-324834

Qui il prof. Ippolito (Istituto Superiore di Sanità, dal minuto 19:10)

https://www.youtube.com/watch?v=qVBhSKzkUjc&fbclid=IwAR2GYwdhBPPGHW8g9pg0zWlOIqV9L4qtxGMUlvZ5CHBEQ5TwSmWskQIONkk

Se non bastassero gli studiosi italiani, ecco qualche nome straniero, riportato da Valigia Blu.

E allora, cosa sta succedendo nei nostri ospedali?

In realtà, nulla di davvero speciale.

Per capirlo, possiamo guardare all’evoluzione nel tempo di un parametro che è stato invocato per giustificare il “cambio di malattia”: il rapporto giornaliero tra dimessi vivi e morti.

Questo rapporto non è atteso rimanere costante, ma cambiare (verso un rapporto sempre più favorevole ai vivi e meno favorevole ai morti) per motivi di semplice dinamica della popolazione suscettibile.

Per capirlo, consideriamo la popolazione ospedalizzata divisa in due fasce: quella da 65 anni in su, che ha un rischio di morire molto più alto quando arriva in ospedale con il virus (poniamo il 35%), e quella di meno di 65 anni, che ha un rischio di morire molto più basso (poniamo intorno al 5%).

Consideriamo poi che chi guarisce, risiede in ospedale più tempo di chi muore; possiamo assumere le medie fornite da Lancet, pari a circa 18 giorni per chi muore e circa 22 giorni per chi guarisce.

Assumiamo che il numero dei ricoverati per ciascuna fascia di età segua la legge mostrata in figura, una campana “scodata a destra” ovvero lognormale (per motivi diversi, che non discuterò qui, questo è l’andamento osservato; il ragionamento che farò però vale in generale, anche per campane simmetriche).

Cosa succede al passare del tempo, dopo il primo ricovero in ospedale? Considerando un po’ di rumore stocastico nel numero giornaliero di morti e di dimessi guariti, ecco cosa si osserva.

Superato il picco nel numero di ricoverati (e di morti), il rapporto giornaliero fra dimessi vivi e morti cambia sempre più a favore dei dimessi vivi.

Qualitativamente, il discorso è molto semplice. Due condizioni, ciascuna di per sè sufficiente, spingono verso questo risultato: il fatto che chi guarisce esce dall’ospedale in media leggermente dopo di chi muore, sposta guariti verso destra nella curva; ed il fatto che gli ultra sessantacinquenni suscettibili muoiono di più, significa che questa classe di età si esaurisce prima, “svuotando” il serbatoio della maggior parte dei morti in fase iniziale, e incidendo via via sempre di meno al passar del tempo (effetto coorte, accentuato anche dal fatto che gli ultrassessantacinquenni suscettibili sono ora protetti molto di più di prima, svuotando ulteriormente il serbatoio principale di coloro che possono morire per il virus).

In conclusione.

Ragionamenti assolutamente analoghi in termini di dinamica di popolazioni con fasce di età di diversa suscettibilità possono essere fatti per esaminare i rapporti di qualunque popolazione ospedaliera: terapia intensiva, malati più o meno gravi, domiciliati eccetera.

Non è necessario invocare nessuna causa aggiuntiva; il virus può certo mutare, ma il cambiamento della composizione della popolazione ospedaliera non è evidenza sufficiente di alcuna mutazione.

Enrico Bucci

Data lover, Science passionate, Fraud buster (when lucky...)

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